“Quello che poi io ho trovato nel 2001 era un Polo già in fase di ultimazione, dove non erano previsti spazi per gli studenti, ma neanche la residenza universitaria, né tantomeno una mensa”.
Silvia Fissi, presidentessa dell’Azienda Regionale per il Diritto allo studio universitario (ARDSU), Firenze 2006
Il Polo Universitario di Novoli ospita tre facoltà, e cioè Scienze Politiche, Economia e Giurisprudenza: le Scienze, cosiddette, sociali. Legare insieme questi tre campi del sapere così vicini tra loro, in linea spaziale e non solo teorica, sarebbe un atto stimolante, perchè a favore dell’incontro-scontro scientifico, del dibattito culturale e della molteplicità delle chiavi di lettura della realtà sociale che ci circonda. Siamo purtroppo obbligati ad usare il condizionale, non tanto a causa un improbabile pericolo di abbattimento delle strutture universitarie, quanto poichè all’interno del Polo di Novoli non sussiste tutt’oggi la possibilità per gli studenti di incontrarsi e di dibattere, o comunque questa possibilità è sistematicamente disincentivata dalla struttura architettonica e dalle funzioni attribuite a tale struttura. Il fatto che a Novoli non vi siano spazi di aggregazione e di scambio stupisce e rammarica ancor di più, muovendosi lungo via delle Pandette, corso centrale del campus, e risalendola sino alla palazzina delle tesi.
Tonalità di grigio, telecamere di controllo, guardie giurate, superfici piatte, tornelli all’ingresso della biblioteca, aule chiuse subito dopo le lezioni ed una piazza ultimata con tanto di panchine e di verde pubblico, recintata da una rete metallica ed esclusa dall’utilizzo collettivo: non è questo un quadro che stona con quella che a nostro avviso dovrebbe essere la funzione sociale di un Ateneo, e cioè favorire il dialogo, la crescita scientifica ed umana di ognuno di noi? Scavando alla ricerca delle origini del problema scopriamo come l’assenza di spazi di aggregazione sia una diretta conseguenza della speculazione edilizia dalla quale è nato il Polo delle Scienze Sociali. Il quartiere di Novoli è stato un prodotto della “urbanistica contrattata” figlia degli anni ’90, secondo la quale è possibile che i costruttori privati definiscano, con l’avallo del comune, enormi progetti di espansione dei centri abitati. Quando nel ’96 venne stilata la Convenzione edilizia che avrebbe dato vita al “nuovo centro” di Firenze, venne individuata l’Università come acquirente privilegiato dei locali in costruzione, perchè fungesse da volano per il popolamento e la vendita di tutta l’area. Immobiliare Novoli (a capitale FIAT fino al 2006) e Comune si accordarono per convincere l’Università a trasferire alcune facoltà a Novoli. L’allora rettore Blasi, contro il parere di molti suoi colleghi, degli studenti e sopratutto contro ogni buonsenso, decise di trasferire le Scienze Sociali nella nuova sede, promettendo più spazi e servizi studenteschi (il tutto provato da un documento del CDA d’Ateneo sottoscritto nel 1998). Così, pur di sottostare alle “pressioni” dei dirigenti comunali e dei grandi immobiliaristi, le dirigenze accademiche decisero di abbandonare il centro storico e di trasferirsi in un luogo dove “poi”, si è scoperto, non erano previste nemmeno una mensa ed una residenza universitaria. Ecco perchè il chiostro della casa dello studente è inutilizzabile, ecco perchè la mensa è stata realizzata solo anni dopo, ecco perchè Piazza Ugo di Toscana è ancora chiusa ed ancora ecco perchè non sono mai stai progettati degli spazi di aggregazione per studenti. Come mai non si è ancora prodotta una soluzione a tale mancanza? Sono ormai otto gli anni di richieste che ci lasciamo alle spalle, trascorsi nella totale indifferenza delle autorità accademiche. Se nel 1998 il comune ed i grandi costruttori hanno “convinto” l’allora rettore Blasi a trasferire le Scienze Sociali a Novoli con poche parole, non sono bastate le tantissime lettere, le proteste, le trattative sulla riscrittura del regolamento di Polo e le occupazioni portate avanti dagli studenti, a cambiare le cose. Nel febbraio 2011, sull’onda della protesta di dicembre, un gruppo di studenti ha infine deciso di tentare una soluzione, difficile ed impegnativa,allo scopo di smuovere le torbide acque della politica di Ateneo: è nata così l’occupazione dell’aula 0.01 dell’edificio D5, ora denominata Spazio Autogestito. Il funzionamento dell’aula è garantito da coloro che partecipano all’assemblea settimanale di gestione, che propone iniziative ed accoglie le richieste provenienti dagli studenti. L’obiettivo ultimo del progetto resta quello di offrire uno spazio di aggregazione, di incontro e di scambio in un Polo dove questi spazi non esistono.
Una volta occupata l’aula, la risposta dei presidi di facoltà è stata a dir poco sconcertante. Sradicando l’occupazione dal contesto nella quale è nata, e cioè il Polo di Novoli e l’Università dei crediti figlia del Processo di Bologna, le autorità accademiche hanno deciso di trattare il problema politico sollevato dagli occupanti come un semplice problema di ordine pubblico, sostenuti in ciò dalla destra studentesca, che chiede a gran voce lo sgombero dell’aula. I ripetuti tentativi di sgombero, le sanzioni disciplinari, la segnalazione di cinque occupanti alla Polizia, le pressioni effettuate su gruppi studenteschi, ricercatori e professori al fine di togliere legittimità all’occupazione, delineano la volontà precisa di creare un clima intimidatorio intorno allo Spazio Autogestito, perchè esso cessi di esistere. Giudichiamo questo atteggiamento tenuto dai vertici d’Ateneo miope e dannoso, dal momento che non solo non risponde al bisogno di socialità e condivisione più volte esternato dagli studenti del Polo di Novoli, ma addirittura tende a reprimerlo.
Riteniamo che il progetto Spazio Autogestito sia da tenere nella giusta considerazione, in quanto soluzione possibile al problema dell’assenza di spazi per gli studenti. L’occupazione di due aule nei plessi universitari di viale Morgagni sta a dimostrare quanto sia urgente la necessità di recuperare luoghi di aggregazione da parte di chi vive quotidianamente l’Università. Chiediamo dunque alle autorità accademiche di porre fine al clima intimidatorio e di considerare le occupazioni non più come una questione di ordine pubblico, ma come un tentativo positivo di porre fine ad un annoso problema causato anche e sopratutto dalle inottemperanze e dalle scelte dei precedenti amministratori universitari.
VI INVITIAMO A SOTTOSCRIVERE E A DIFFONDERE QUESTO APPELLO IL PIU’ POSSIBILE
Hanno aderito (ad oggi, 26 maggio):
Collettivo d’Agraria Collettivo Politico Scienze Politiche Collettivo Lettere e Filosofia Collettivo Nosmet-Scienze della Formazione Collettivo redazionale di CortocircuitO Collettivo Filo da Torcere-Ingegneria Collettivo RossoMalPolo-Novoli Collettivo ARK- Architettura Collettivo di Medicina – Codice Rosso